giovedì 23 maggio 2013

Wind Waker, De Chirico e le sedie.

Stavolta vi propongo una (mia personale) rilettura di qualche pagina di un saggio che uscì qualche tempo fa con Repubblica.

Definire qualcosa come opera d'arte è tutt'altro che semplice. Rispondere alla domanda "ma è arte questa?" presuppone l'esistenza di parametri condivisi (algoritmizzabili in qualche modo forse?) con cui misurare l'effettiva validità di una certa affermazione. Prendiamo una sedia ad esempio:
sò definirne una mediante alcune proprietà di "classe", ovvero caratteristiche condivise da tutti gli oggetti che chiamiamo sedia;

su una sedia puoi sederti,
una sedia ha 4 gambe, 
una sedia ha uno schienale.

Questo può lasciare alcuni dubbi sull'effettiva sedietà di alcune sedie da ufficio, tipo quelle con le rotelle, (giuro che tra poco la smetto di usare la parola SEDIA), ma fondamentalmente questo non ci mette in crisi e saremmo in grado di radunare tutte le sedie presenti in una stanza se ce lo chiedessero.
Altrettanto non si può dire per le opere d'arte, perché queste proprietà non ce stanno.
Se ci venisse chiesto di radunare tutte le opere d'arte presenti nel vostro salone il lavoro non sarebbe facile.

Per prima cosa ci verrebbero in mente i quadri appesi alle pareti, ma davvero quelle stampe su poster sono arte? Basta molto meno per far gridare un critico al FALSO! ..
Ma allora non va bene nemmeno il cd con le 4 stagioni di Vivaldi, che è masterizzato. No aspetta, quello si, cavolo in fondo non posso mica avere Vivaldi vivo dentro casa a suonare o..una registrazione originale!
Poi mi può venire in mente che mi piace considerare arte un manufatto che in qualche modo mi suscita emozioni.. Beh avrò passato ore intere a vedermi l'alba in The Legend of Zelda: the Wind Waker che il gioco deve meritare un posto d'onore tra le cose accatastate fino ad ora;
vogliamo parlare di ICO? Alzi la mano la persona a cui non abbia mai ricordato De Chirico.


Cosa accomuna Vivaldi, un libro di Murakami (La fine del mondo e il paese delle meraviglie anyone?), Ico e un Amore e Psiche qualsiasi?
Un indizio può essere pensare ad un livello superiore.
Mi astraggo un attimo, una specie di classe fatta di classi: una famiglia.
Se penso ad una famiglia (vera, di persone) mi accorgo che esistono somiglianze, ma non esistono tratti sempre comuni a tutti. Si intuisce però chi fa parte di una stessa famiglia.
Fatemi applicare questo modello anche alle opere d'arte, a questo punto ha poco senso cercarne delle caratteristiche comuni (riproducibilità? difficoltà di produzione? Ci colpiscono emozionalmente?) come se fossero una classe.

Come facciamo a distinguerle a questo punto? 

Rovescio la frittata: chi ancora si ostina a relegare i videogiochi in un cantuccio della mente dedicato ai piaceri infantili che diritto ha a farlo? Alcuni videogiochi sono complicati ad essere creati così come poteva esserlo una scultura Neoclassica, altri hanno colonne sonore degne di tutti i brividi lungo la schiena che ci hanno fatto provare, altri semplicemente sono valsi ore ed ore del nostro tempo.
Il coinvolgimento emotivo inoltre - aspetto che molte opere d'arte canoniche sono supposte indurre - è qua portato ad un ulteriore livello. Il rapporto uomo-macchina genera nuove possibilità, l'astrazione è d'obbligo e la fantasia è richiamata a funzionare. Qua non ci sono regole pre-costituite, se non quelle che il gioco stesso di autodefinisce. E' un universo a sé. Si possono scrivere trattati su un'opera d'arte, è possibile farlo su un videogioco.

Il videogioco inoltre è uno dei migliori esercizi di democrazia, e qua parafraso Zerocalcare (e il pezzo sta sul primo libro, la profezia dell'armadillo - il sacro giuro mi pare -),

perché non importa che tu sia un lanciatore di coriandoli o una bestia verde con l'alitosi, nei videogiochi se ti fai il culo hai sempre la possibilità di farcela, chiunque tu sia.
Certo, essere uno dei simboli democratici per eccellenza non da ai videogiochi l'accesso al mondo delle Muse in automatico, né conferisce ai singoli prodotti uno status particolare ma qualcosa gliela possiamo riconoscere no?

Approposito di status degli oggetti e delle opere d'arte, avete mai sentito parlare di Arthur Danto?

Marco.

mercoledì 22 maggio 2013

Cultisti sotto casa

Salve a tutti.
Questo sarà un luogo ove scriverò, più o meno a singhiozzo, i nostri pensieri riguardo un preciso tema: Videogames Come Sano Esercizio Mentale e Strumento di Apprendimento (tag: VCSEMSA ma siccome potrei rischiare di attirare l'attenzione di qualche cultista di Cthulhu, Nyarlatothep e grandi antichi vari e non vogliamo qualche divinità divoramondi sottocasa, evitiamo).

Inizio con la notizia, un po' vecchiotta ormai (Settembre 2012) dell'eroica scelta di GameStop di aprire i battenti al mercato retro. OH YEAH.
Retrogame non significa solamente grafica a quadratini, retrogaming indica le nostre radici in campo videoludico, la narrazione di quando la razza umana per fare un videogioco aveva pochi strumenti ed era costretta ad arrangiarsi e fare affidamento sulla creatività (cosa che, e parlo di cose pensate da molti, succede da un po' prevalentemente sulla scena Indie, e poco sui grandi prodotti di massa).

Suona drammatico, e lo è.

Guardare i videogiochi partendo dalla loro storia aiuta a comprendere un aspetto importante di questa forma di espressione : la validità artistica;
citando Duchamp (e citando anche Debora Ferrari, che lo cita a sua volta nell'articolo Neoludica: neologismo italiano neutro plurale, in apertura al catalogo della mostra omonima, biennale di Venezia 2011)
"L'arte è un gioco, e i giochi sono arte".
Qualcuno sicuramente avrà da ridire su Duchamp, ma trovo più istruttivo rimanere aperti a contributi culturali anche da pezzi di sanitari staccati e portati in mostra. Come primo step c'è da cambiare la domanda "Cos'è arte?" in

"Quand'è arte?".

Fatto questo passo c'è da notare che l'ingresso dei videogiochi nella "danza delle Muse" (cit. Ferrari) ha contribuito non poco a ravvivare il fuoco delle altre arti, portando nuovi spunti creativi ed emozionali (Distant Worlds li conoscete vero? Ma basta anche il pezzo The Moon per quanto riguarda la musica ad esempio). Quando una forma allo stesso tempo produttiva e culturale contribuisce in questa maniera alle arti che riconosciamo universalmente inizia ad esserci una spia. E' l'avvertimento che potrebbe valerne la pena dedicare un po' di tempo ad un bel videogioco alla stessa maniera in cui dedico il mio tempo ad una mostra, o ad album come Wish you were here, o a un bel mattone di millanta pagine.

C'è molto da dire sulla domanda scritta in grassetto poco più in alto, e sicuramente ci sarà tempo per parlarne in futuro ("ma come, lanci la bomba e scappi? 'tacci tua!").

Piuttosto, che ne pensate del ready-made "fontana"?

Benvenuti su questo blog! \ò/
CheerS,
Marco
Y'AI 'NG'NGAH YOG-SOTHOTH H'EE-L'GEB F'AI THRODOG UAAAH